Prenotare significa manifestare ad una potenziale controparte la propria volontà di ottenere una prestazione. È un’operazione molto diffusa in alcuni settori, come quello della ristorazione, quello dei trasporti aerei e quello alberghiero. Ma si realizza con modalità e per finalità diverse, con conseguente diverso trattamento giuridico.
Quanto all’ambito della Hospitality, è raro che il viaggiatore si presenti personalmente in una struttura ed ottenga l’alloggio immediatamente. Ciò che capita solitamente è invece che prenoti in anticipo il proprio soggiorno. Completamente diversa, invece, la prassi in materia di locazioni, almeno fino all’avvento dei “portali di prenotazione” (come definiti dalle recentissime normative sull’emergenza COVID).
La prenotazione alberghiera non è disciplinata normativamente dal nostro ordinamento (così come più in generale non lo è il contratto d’albergo). Per il suo inquadramento giuridico si ricorre pertanto a strumenti con simili finalità o del tutto atipici. In assenza di specifica disciplina, possono individuarsi due tesi prevalenti sull’inquadramento civilistico di questo istituto.
La prima, accolta dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, considera la prenotazione alberghiera il momento in cui il contratto d’albergo si perfeziona. Soluzione che, dopo i recenti interventi normativi, può certamente estendersi più in generale ai contratti di soggiorno. Tale manifestazione di volontà si considera un atto unilaterale di accettazione dell’offerta pubblica di alloggio effettuata dall’albergatore. Una vera e propria accettazione, dunque.
Una delle Sentenze più rappresentative di questa visione lo spiega chiaramente.
“Il contratto di albergo, in ragione del carattere di offerta al pubblico che l’albergatore fa con la gestione dell’impresa alberghiera nelle forme d’uso, si conclude nel momento in cui l’albergatore viene a conoscenza dell’accettazione espressa o tacita del cliente; al quale fine assume rilievo anche la c.d. prenotazione la cui revoca determina l’obbligazione di tenere indenne l’albergatore che non abbia effettivamente utilizzato la camera per il periodo prenotato.” (Cass. Civ, Sez III, 3 dicembre 2002 n. 17150)
Ne consegue che la c.d. cancellazione della prenotazione, rappresenterà la sottrazione da uno specifico vincolo contrattuale da parte dell’ospite: il contratto di soggiorno già concluso.
Esiste una seconda interpretazione, con più credito in dottrina, che considera la prenotazione alberghiera un atto preparatorio al successivo e solo eventuale contratto di soggiorno. Sarebbe un contratto autonomo, atipico, consensuale, unilaterale, essenzialmente gratuito attraverso il quale l’albergo si obbliga a tenere a disposizione del viaggiatore un alloggio mentre quest’ultimo acquista il diritto a stipulare l’accordo definitivo. Il contratto di soggiorno si perfezionerebbe solo al momento dell’accesso del cliente al proprio alloggio. Seguendo tale impostazione, il viaggiatore che stipula un contratto di prenotazione alberghiera sarebbe esonerato da ogni obbligazione (per un approfondimento vedi: “La nuova ospitalità turistica” edito Key Editori nel 2018, autori D. Marino, A. Lanzi e G. Marino)
Tanto vale ancor più per chi pone in essere locazioni c.d. turistiche, una soluzione contrattuale spesso e a più livelli (e altrettanto spesso impropriamente) associate ai contratti di soggiorno in strutture ricettive.
Per ovviare all’incertezza della teoria giuridica e delle altrettanto incerte conseguenze, è importante che l’albergatore, il gestore della struttura e a maggior ragione il locatore disciplinino nelle proprie condizioni generali o quantomeno nell’annuncio posto on line natura, funzione e disciplina dell’eventuale prenotazione, tenendo però presente anche le previsioni imposte nei Termini di utilizzo dalle OTA, eventualmente introducendo deroghe, laddove possibile, e ovviamente attenendosi al dettato normativo.