Se l’inquilino è una società il locatore può optare per la “cedolare secca”?

La cedolare secca

La “cedolare secca” di cui all’art. 3 del D.Lgs n. 23 del 14/03/2011 è un regime facoltativo opzionale dal locatore persona fisica che consente di applicare un’imposta in misura fissa (21% o 10% per i contratti a canone concordato) sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali e delle imposte di registro e di bollo ai canoni di contratti di locazione ad uso abitativo. Il comma 6 dell’articolo in esame, precisa che tale regime non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività di impresa, di arti e professioni.

Quindi, il locatore può optare per la “cedolare secca” solo se è persona fisica –  non esercente quindi attività imprenditoriale – e se la locazione ha per  oggetto unità immobiliari ad uso abitativo.

La tradizionale posizione dell’AdE

“Secondo il consolidato orientamento di prassi dell’Agenzia delle Entrate”, spiega la Marchesi “il privato che intende locare un’unità immobiliare ad uso abitativo ad una società o soggetto che svolge attività imprenditoriale o professionale non potrebbe applicare sui redditi di locazione la cosiddetta “cedolare secca” disciplinata dall’art. 3 del D.Lgs n. 23 del 14.03.2011 ovvero l’imposta sostitutiva all’Irpef pari al 21% sui canoni di locazione incassati da tali soggetti”

Questo perchè l’AdE “ha interpretato restrittivamente le disposizioni dell’art. 3 citato contestando frequentemente ai locatori persone fisiche l’applicazione di tale cedolare secca sui redditi di locazione degli immobili ad uso abitativo formati dai canoni incassati da persone giuridiche”, chiarisce la Marchesi. 

“La prassi restrittiva dell’Agenzia delle entrate rappresentata nelle circolari n. 26/E dell’1.06.2011 e la risoluzione n. 50/E del 17.05.2019, si fonda”, continua Marchesi, “su due principali argomentazioni:

  • “il significato letterale del comma 6 dell’art. 3 citato. Il comma 6 prevede che le disposizioni istitutive della cedolare secca previste nei commi 1,2,4 e 5 dell’art. 3, “non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni”. Secondo l’Agenzia delle Entrate questa previsione normativa riguarda indifferentemente entrambe le parti contrattuali 
  • quando il Legislatore ha inteso includere nel regime di applicabilità dell’imposta sostitutiva anche i contratti di locazione con conduttori persone giuridiche o imprenditori, lo ha indicato espressamente

La posizione dei giudici 

E’ di diverso avviso l’orientamento maggioritario dei giudici di merito, ben rappresentato dall’ultima sentenza della Corte di giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto (Sez. V, del 16.01.2023 n. 53). “La Corte infatti” chiarisce la Marchesi “ritiene che la norma abbia introdotto preclusioni per il locatore rispetto alla disciplina originaria sulla cedolare secca è espressione di un’interpretazione erronea e fuorviante, in ragione sia della lettera che della ratio della nuova norma che circoscrivono l’ambito di applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 3 de qua al verificarsi di due requisiti, quello soggettivo, ovvero la presenza di persona fisica titolare del diritto reale sul cespite oggetto del contratto di locazione, e quello oggettivo, costituito dalla destinazione ad uso abitativo dell’immobile locato”.

“Pertanto,” conclude la Marchesi, “il conduttore risulta irrilevante ai fini della disposizione in oggetto, tant’è che, come indicato nella sentenza, la disposizione  non “parla di qualifica del conduttore e non vi può essere equiparazione tra locatore e conduttore come invece sostenuto dall’Agenzia delle Entrate (circolare 26/E/2011 che è pur sempre un atto interno)”. 

Ne consegue che in presenza dei requisiti previsti dalla normativa di cui sopra, il locatore può scegliere per l’applicazione della cedolare secca circa la tassazione dei canoni di locazione, nulla rilevando che il conduttore sia una società commerciale.”

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