Come si è detto, anche la Francia, come l’Italia, ha il suo “caso Airbnb”: in quella vicenda, la normativa contestata è stata dichiarata inapplicabile. E per la stessa ragione, anche se su vicenda diversa, potrebbe diventare inapplicabile in Italia ad Airbnb (e, anche se non contestualmente, a tutte le società in condizione analoga) quanto disposto dall’Art. 4 del D-L 50/2017 (la c.d. “manovrina”) sugli obblighi posti da detta norma a carico dei “soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line“: questione che ha investito le Corti amministrative italiane ed è tuttora pendente davanti alla Corte europea.
Questa la vicenda francese. Instauratosi un procedimento che vedeva coinvolta Airbnb per aver violato la Legge Hoguet del 1970 sull’obbligatorietà del tesserino rilasciato dalla Camera di Commercio per l’esercizio dell’attività di intermediario immobiliare, il giudice istruttore decideva di proporre rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. In particolare, il giudice francese chiedeva di specificare la natura dell’attività esercitata da Airbnb, se fosse quindi un intermediario immobiliare o, viceversa, dovesse essere considerato un servizio della società d’informazione, in linea con la nozione indicata dall’art. 1 Paragrafo 1 b della Direttiva 2015/1535, nella quale è considerato rientrante in questa categoria ogni servizio fornito in cambio di remunerazione, a distanza, per via elettronica, in seguito a richiesta del destinatario del servizio. Quesito molto simile a quello proposto dal Consiglio di Stato nella vicenda italiana.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha risposto con la pronuncia del 19 dicembre 2019 al quesito francese stabilendo che Airbnb non svolge una mera attività di intermediazione immobiliare, che rimane pur sempre il suo core business, bensì numerose attività aggiuntive che la caratterizzano diversamente qualificandola come soggetto che offre servizi della società dell’informazione ai sensi della Direttiva europea.
Chiarito l’inquadramento dell’attività del portale come servizio della società dell’informazione, la Corte europea ricorda che l’art. 5 paragrafo 1 della Direttiva 2015/1535 obbliga gli Stati membri a dare immediata comunicazione alla Commissione europea di qualsiasi normativa domestica che possa restringere le prestazioni di detti servizi. L’art. 5 si pone a presidio della libertà di circolazione dei servizi e può essere disattesa solo quando la misura restrittiva sia giustificata da esigenze di ordine pubblico, protezione della salute pubblica, sicurezza pubblica o protezione del consumatore.
Nella pronuncia in commento si sottolinea che, seppur la Legge Hoguet fosse antecedente alla suindicata Direttiva del 2015, la Francia non fosse sollevata dall’obbligo sorto di notificare la norma alla Commissione europea e allo Stato nel quale il fornitore del servizio è stabilito (nel caso di specie, l’Irlanda). Pertanto, la mancata notifica rende la regolamentazione inopponibile, in virtù dell’ignoranza sulla norma. Essa è inapplicabile anche nel caso sia in corso una procedura penale, come in Francia per Airbnb.
Stabilito quindi dalla Corte di Giustizia europea il principio che la piattaforma di Airbnb offre servizi della società dell’informazione e posto che questa attività, secondo la normativa europea, non può essere resa più gravosa da discipline interne agli Stati membri senza previa notifica alla Commissione, ci sono buone probabilità che ad analogo esito si giunga anche nel contenzioso italiano che pone in discussione l’art. 4 della “manovrina”.
