In occasione della seconda presentazione del contratto-tipo di locazione breve con finalità turistica tra persone fisiche da parte della Camera di Commercio di Milano, Monza-Brianza e Lodi lo scorso 22 gennaio sono riemerse tutte le problematiche relative ai servizi di guest care che il locatore può, o meglio, non può offrire al conduttore. All’evento sono intervenuti come relatori due dei nostri professionisti, l’Avv. Donatella Marino che ha anche assistito Camera di Commercio nel corso del progetto e il dr. Alfredo Imparato per gli aspetti fiscali.
Il tema dei servizi è stato affrontata partendo dal dato di mercato, che vede molti di questi locatori orientati all’offerta di servizi aggiuntivi alla prestazione di alloggio. Una soluzione che va affrontata con estrema delicatezza e competenza, perché in funzione della qualità e tipologia di servizi e della quantità e misura in cui vengono offerto cambia l’inquadramento giuridico: e non solo della fattispecie contrattuale, che si sposta dalla tipologia del contratto di locazione a quella del contratto di ospitalità in struttura ricettiva, ma anche della qualifica del soggetto Host, che rischia di sconfinare dall’ambito del soggetto persona fisica in quello di imprenditore.
Nella prassi del mercato attuale il confine tra contratto di locazione breve ed ospitalità turistica continua ad assottigliarsi. Ma le ricadute di una riqualificazione del rapporto e del tipo di attività in sede sia civilistica sia fiscale o amministrativa sono severe.
Già un apporto chiarificatore, quantomeno in ambito fiscale, era stato offerto dall’art. 4 del Decreto Legge n. 50/2017 (come riconvertito), la cosiddetta “manovrina” del 2017. Si dibatteva, in quel periodo, della legittimità della nuova prassi – degli Host che locavano l’alloggio per periodi brevi – di offrire all’inquilino l’alloggio dotato anche di biancheria pulita e di letti già predisposti, pratica inconsueta nelle locazioni di medio e lungo periodo.
Dibattito nato perché, in alcune Regioni, la Polizia municipale aveva irrogato sanzioni solo per aver rinvenuto le lenzuola dell’Host all’interno dell’alloggio locato.
La manovrina, nello specificare che, ai fini di quella stessa norma, la “locazione breve” di immobile ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni poteva prevedere “servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali“, stipulati da persone fisiche, scioglieva almeno questo nodo. Oggi è certo che l’appartamento può essere offerto già pulito e dotato di biancheria offerta dall’Host senza rischiare contestazioni. Inizialmente si era diffusa anche una tesi diversa, secondo cui l’inciso era da intendersi in senso più ampio. Ma il richiamo ai principi generali civilistici e fiscali unitamente – e soprattutto – alla giurisprudenza costante da una ventina d’anni sul punto hanno portato i giuristi a escludere che la nuova norma abbia modificato ontologicamente la fattispecie locatizia.
Negli anni sia la Consulta che la Corte di Cassazione hanno sempre cercato di delineare le differenze tra i due negozi giuridici. Specificatamente, la Suprema Corte ha indicato come i servizi aggiuntivi all’alloggio, finalizzati a rendere più piacevole e confortevole il soggiorno, siano tipici del contratto d’albergo o di ospitalità turistica; non caratterizzano, viceversa, il contratto di locazione breve. Anche recentemente gli Ermellini nella recente sent. n. 2600/2019 in materia fiscale, quindi successivamente alla “manovrina”, rinnovavano il monito riconducendo l’ipotesi “…di concessione in godimento di un immobile arredato accompagnata dalla prestazione di servizi non direttamente inerenti al godimento della res locata (come la climatizzazione o la somministrazione di acqua, luce e gas), ma di carattere personale (come le pulizie od il cambio della biancheria)…” nella prestazione alberghiera. Certamente, dunque, non tutti i “servizi” sono esclusi in quanto tali: tutti i servizi accessori all’immobile sono ammessi nel contratto di locazione. Non, invece, i servizi che al miglioramento del soggiorno dell’inquilino e dei suoi ospiti, che hanno carattere personale. Non si parla più di locazione nè di reddito fondiario se viene offerta all’inquilino la pulizia in corso di locazione e il cambio di biancheria periodico. Né è tantomeno possibile fornire un servizio di prima colazione o di ristorazione vera e propria.
Tra i rischi, quelli civilistici (l’applicazione della normativa della tutela del consumatore, del GDPR, dell’imprenditore, fino a esporsi, nei casi più azzardati, all’applicabilità della normativa sui pacchetti turistici) quelli fiscali (non potendosi valere del regime di cedolare secca al 21% ma rischiando persino di diventare soggetto IVA) e quelli amministrativi (alcune Regioni prevedono l’automatico passaggio da una fattispecie all’altra in funzione dell’offerta di servizi).
Sulla “manovrina” è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate. Precisamente, è stato chiarito che la ritenuta deve essere applicata ai corrispettivi lordi e quindi anche ai rimborsi che il locatore riceve per i servizi di pulizia e fornitura di biancheria attribuiti al conduttore a titolo forfettario. Viceversa, quando il locatore ricevesse i rimborsi successivamente, sulla base dei costi effettivi sostenuti e documentati, essi non andrebbero a costituire parte integrante della base imponibile sulla quale agisce il reddito fondiario. Sul punto si veda anche l’articolo dei nostri professionisti su questo articolo del Sole 24 Ore.
Un quadro ancora confuso, quello proposto dal nostro sistema giuridico, che induce però alla prudenza: perché l’errata interpretazione di una norma, oggi, può costare molto al locatore poco accorto. E’ invece auspicabile un intervento normativo che contempli in modo più definito la materia delineando confini meno sottili e più in linea con l’attuale mercato.
