AIRBNB E COMMISSIONE UE: STRETTA SULLA TRASPARENZA

Grazie a un anno di fruttuosi negoziati, Airbnb “ ha migliorato e chiarito esaurientemente le modalità di presentazione delle offerte di alloggio ai consumatori, che sono ora in linea con le norme stabilite dal diritto dell’UE in materia di consumatori, conformandosi all’invito formulato dalla Commissione europea e dalle autorità per la tutela dei consumatori dell’UE a luglio 2018”: così si legge nel Comunicato stampa della Commissione europea dello scorso 11 luglio.

L’adeguamento è frutto di uno sforzo risalente ad almeno un anno fa. Già il 16 luglio 2018, infatti, come risulta dal relativo Comunicato stampa, la Commissione europea e le autorità dell’UE per la tutela dei consumatori richiedevano ad Airbnb “di allineare i termini e condizioni alle norme dell’UE in materia di tutela dei consumatori e di essere trasparente in merito alla presentazione dei prezzi”, avendo ritenuto le condizioni di utilizzo di Airbnb non conformi alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali, alla direttiva sulle clausole contrattuali abusive, nonché al regolamento sulla competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale. Pertanto, si richiedeva ad Airbnb di “modificare il modo in cui presenta le informazioni sui prezzi a seguito di una ricerca iniziale sul proprio sito web, al fine di garantire che, quando è offerto un immobile al consumatore sia fornito il prezzo totale, comprese tutte le tasse e le tariffe obbligatorie applicabili, come servizio e pulizia, o, quando non è possibile calcolare il prezzo finale in anticipo, sia comunicato in modo chiaro al consumatore che potrebbero applicarsi altri oneri addizionali”; nonché, di “indicare chiaramente se l’offerta è fatta da un privato o un professionista, poiché cambiano le norme relative alla protezione dei consumatori”. Sulla stessa linea, al fine di conformarsi alla propria  normativa, le autorità europee imponevano ad Airbnb, ad esempio, di non indurre i consumatori ad adire un giudice di un Paese diverso rispetto a quello del proprio Stato membro di residenza, di non privare i consumatori dei propri diritti fondamentali (per esempio, quello di citare in giudizio l’Host) in caso di danno personale o altri danni, di non modificare unilateralmente le clausole e le condizioni di utilizzo, senza informare chiaramente i consumatori in anticipo e senza dar loro la possibilità di risolvere il contratto e, infine, di conformarsi alla normativa europea relativamente alla propria politica in materia di restituzioni e rimborsi.

Airbnb, di conseguenza, “ha ottemperato a tutte le richieste formulate dalla Commissione europea e dalle autorità nazionali per la tutela dei consumatori“, allineando le proprie condizioni di utilizzo alla normativa europea in materia di tutela dei consumatori. Fra le novità più rilevanti, sottolineiamo le seguenti:

  • Nella ricerca degli alloggi con date selezionate, gli utenti vedranno applicato ai risultati il prezzo totale, comprensivo di tutti gli oneri e supplementi obbligatori applicabili, fra cui i servizi, le spese di pulizia e le tasse locali;
  • Airbnb distingue chiaramente se si tratta di un’offerta di alloggio immessa sul mercato da un privato o da un professionista;
  • Vengono forniti direttamente sul sito di Airbnb un link alla piattaforma per la risoluzione delle controversie online della Commissione europea, nonché tutte le informazioni necessarie in materia di risoluzione delle controversie;
  • La piattaforma ha chiarito che gli utenti possono agire in giudizio contro Airbnb di fronte al giudice del proprio Paese di residenza e, allo stesso modo, rispetta il diritto fondamentale degli utenti di agire in giudizio contro il soggetto che fornisce ospitalità in caso di danni personali o di altra natura;
  • Airbnb, infine, si impegna a non modificare unilateralmente le proprie condizioni generali senza informarne chiaramente e previamente gli utenti e senza riconoscere la possibilità di risolvere il contratto.

Pur apprezzando la spinta verso una sempre maggiore trasparenza delle piattaforme a tutela dei consumatori (è sufficiente ricordare la recente sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 15 luglio verso Tripadvisor di cui al nostro precedente articolo), è ben vero che Airbnb dovrà confrontarsi con un sistema normativo nazionale estremamente frammentato e disomogeneo che le richiede di addentrarsi nel dedalo delle diverse previsioni di natura legislativa e regolamentare che varia non solo da Regione a Regione, ma addirittura da Comune a Comune: basti pensare, ad esempio, alla disciplina sull’imposta di soggiorno, lasciata alla determinazione dei singoli Comuni, che possono istituirla o meno, declinare diversi importi e prevedere eccezioni ed esenzioni. Senza considerare la necessità di costante aggiornamento generata dall’incalzare di nuove previsioni, spesso non coordinate fra loro, di dubbia interpretazione e munite di immancabile sanzione per chi, per incuria o per l’effettiva impossibilità (o estrema difficoltà) data dall’esecuzione dell’adempimento richiesto, violi la norma. Ancora una volta, come in più occasioni sostenuto dai nostri professionisti Prof. Vincenzo Franceschelli e Avv. Donatella Marino, è compito del legislatore assicurarsi che la copiosa produzione normativa in corso garantisca un buon compromesso tra i valori contrastanti della tutela dei consumatori, ma anche dell’iniziativa economica, della privacy, ma anche della trasparenza, della libertà individuale, della innovazione tecnologica, della proprietà privata, della corretta competizione, e, fondamentale per l’Italia, del sostegno all’ambiente e al turismo.

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