Lo chiamano serviced apartment ed è il nuovo trend dell’immobiliare residenziale. Interessa soprattutto gli investitori stranieri e consiste solitamente in una tipologia di appartamento ben arredato concesso in locazione per periodi di breve ma anche medio termine congiuntamente all’offerta di servizi ad personam di hotellerie come l’house keeping (fra cui pulizia dei locali, sostituzione degli asciugamani e della biancheria da letto), il concierge, il servizio in camera, la fornitura di giornali, il servizio informazioni e prenotazioni, il servizio di tintoria e lavanderia, il baby sitting. Inoltre, l’appartamento in genere è dotato di ogni tipo di elettrodomestico o altra utility e fruisce di tutte le utenze oltreché di connessione Wi-Fi e telefonica. L’appartamento, spesso, è posto all’interno di un complesso immobiliare appositamente attrezzato (solitamente di proprietà dello stesso gestore) in cui si trovano aree comuni in linea, ancora una volta, con quelle degli alberghi come la palestra, la piscina o un’area conviviale in cui è possibile per i condomini mangiare insieme. Raramente sono presenti cuochi o servizi di ristorazione dedicati.
Il serviced apartment, quindi, soluzione già affermata all’estero, sta cercando di farsi spazio anche nel mercato immobiliare italiano, specie nelle città, cercando di integrarsi con la normativa in materia di locazioni e di Hospitality. E questo anche se il target di clientela non sono più i turisti, in questo caso, ma soggetti generalmente con buona disponibilità economica che si trasferiscono per lavoro in Italia per un certo periodo, spesso con la famiglia, e che desiderano godere di tutti i servizi e i comfort dell’albergo pur beneficiando delle ampiezze dimensionali, della privacy e delle comodità di una dimora privata.
Ma anche il serviced apartment è costretto a confrontarsi con la normativa dedicata alla Hospitality. Infatti, come ben si è visto per le tematiche relative al Short Rental, oltre al godimento dell’immobile, l’offerta di servizi ad personam di natura genericamente alberghiera non consente di far rientrare questa tipologia tra i contratti di locazione a uso abitativo spostandoli verso il contratto atipico di ospitalità o alloggio in struttura ricettiva – generalmente riconducibile alla c.d. CAV. La questione è in realtà già stata affrontata nel nostro ordinamento, anche se con riferimento a tipologie più utilizzate in passato per questi scopi, come i Residence. La Corte di Cassazione, per esempio, già con sentenza n. 11859/1992, opera una distinzione fra “contratto di abitazione in residence” da un lato e contratto di locazione ordinaria dall’altro, affermando che “sono tali caratteristiche che distinguono il contratto di locazione da quello di albergo o di residence, nei quali la prestazione di determinati servizi assume funzione paritetica rispetto al godimento dell’immobile. (…) Nel contratto di abitazione in residence al godimento di un monolocale od appartamento forniti di arredamento, si aggiunge la prestazione di una serie di servizi, simili ai servizi alberghieri, quali il portierato, la fornitura della luce, la pulizia dei locali e della biancheria, etc., quali contenuto specifico del sinallagma contrattuale, nonché l’esistenza di altri servizi, quali ristorante, etc., liberamente fruibili. Viceversa, ne rimangono esclusi, come nel contratto di albergo, alcune obbligazioni proprie del contratto di locazione, quali quella di provvedere alle piccole riparazioni (art. 1609 c.c.). (…) È l’esistenza e l’effettiva fornitura di alcuni servizi, e la possibilità di fruizione di altri nonché l’esclusione di talune obbligazioni proprie del conduttore, secondo quanto chiarito in precedenza, che distingue la locazione del contratto di residence”.
Il rapporto fra proprietario dell’immobile e inquilino, di conseguenza, in questo caso, dovrebbe essere regolato sulla base di un contratto di ospitalità/alloggio in CAV (o altra struttura ricettiva), anche se per un lungo periodo (in una vicenda esaminata dalla Suprema Corte il contratto di ospitalità in Residence aveva durata di dieci anni).
Diverso è tuttavia lo scenario quando i servizi di hotellerie vengono forniti da un soggetto terzo rispetto al proprietario/locatore dell’immobile. In questo caso, il proprietario/locatore offre in locazione il proprio appartamento, anche attraverso la tipologia del contratto a uso transitorio previsto dalla L. 431/1998, mentre i servizi di hotellerie vengono forniti (e fatturati) da un soggetto terzo, persona fisica o persona giuridica.
Soluzione che risolve peraltro anche il problema delle spese sostenute in relazione agli ulteriori servizi, ad esempio di pulizia, che in questo caso potrebbero essere scomputate dalla determinazione della base imponibile al fine del calcolo della cedolare secca. L’Agenzia delle Entrate, infatti, con Circolare n. 24 del 12 ottobre 2017, afferma che non concorrono alla formazione della base imponibile al fine del calcolo della cedolare secca “le spese per servizi accessori qualora siano sostenute direttamente dal conduttore o siano a questi riaddebitate dal locatore sulla base dei costi e dei consumi effettivamente sostenuti”.
Il soggetto che offre i servizi ad personam tuttavia deve risultare del tutto estraneo rispetto al proprietario/locatore dell’immobile: in caso contrario la posizione rimarrebbe esposta alla contestazione di operazione simulata con le relative ricadute sul piano non solo civile e fiscale, ma anche per le violazioni della disciplina regionale sulla Hospitality che risulterebbe in tal modo aggirata. Il tema si pone specialmente quando i servizi di hotellerie vengano forniti da parte di una società controllata dalla società immobiliare che mette a disposizione l’alloggio. Le scelte vanno operate in questo caso con cura, nel rispetto della disciplina in materia di gruppi di società di cui agli Artt. 2497 ss. c.c. La società controllante infatti è in grado di indirizzare le scelte gestorie della controllata per cui la fornitura di servizi alberghieri potrebbe risultare riconducibile alla medesima società immobiliare, portando l’alloggio a ricadere all’interno di una delle figure ricettive previste dalla legge regionale di riferimento con conseguente elusione della normativa, in particolare fiscale, prevista in relazione al contratto di ospitalità. Ma che comporterebbe elusione anche di varie normative connesse, come quella sull’imposta di soggiorno.
In realtà esistono ulteriori strumenti per costruire in modo legittimo il funzionamento del service apartment: ogni situazione va però valutata con cura perché, occorre ripeterlo, in Italia lo spartiacque tra la normativa sulla ricettività e quella sulle locazioni è tanto sfumato e nebuloso quanto determinante per il corretto inquadramento della posizione giuridica e fiscale.

Complimenti per l’articolo e per il tentativo di chiarire agli operatori del settore e loro consulenti, cosa di fatto fanno quando mettono su una o più azioni per dare alloggio a una persona o gruppo di persone “intercettate” su una piattaforma di intermediazione online ( mercato ed intermediario virtuale ) o di annunci fra privati ( passa parola o bacheca virtuale) per il tramite di un annuncio e poi contattate attraverso una comunicazione digitale, anche solo preimpostata come ad esempio una cosiddetta “ prenotazione confermata” ( che poi di fatto va intesa come una promessa inderogabile di affitto o di soggiorno perché l intermediario online spesso si fa tramite , ovvero teste ovvero arbitro in alcuni casi ).
Allora se si affitta un immobile o parte di esso, si sta facendo locazione o si sta offrendo un soggiorno nel caso in cui
“le pulizie approfondite
con il ripristino della dotazione
della “biancheria da letto “ di fine locazione”
la esegue una ditta terza con regolare partita iva e nessun legame diretto o indiretto o parentale con il locatore?
In base alla circolare n.24 del 12 ottobre 2014 ( e non solo) non concorrono alla base imponibile per il calcolo della tassazione dei redditi da fabbricato, come nell articolo ricordato, siano essi a tassazione agevolata (cedolare secca ) o meno nel caso il locatore ed il conduttore siano persone.
L’articolo cita il caso delle utenze e spese del conduttore , le spese si possono sempre escludere dalla base imponibile? nel caso in cui si possano calcolare unitariamente per mq, millesimi condominiali , periodo di riferimento ( salvo conguaglio ); il calcolo unitario delle utenze e dei relativi consumi possono essere esclusi dalla base imponibile ( salvo conguaglio) se vengono effettuate le letture dei misuratori del distributore di acqua ed energia? Il metodo forfettario di calcolo che taluni agenti immobiliari e società immobiliare o di servizi o privati applicano nei confronti dei conduttori ignari è corretto per escluderlo dalla base imponibile del contratto di affitto ?