Residenza, IMU e Hospitality

La Corte Costituzionale chiarisce i criteri per l’esenzione IMU, ribadendo i principi cardine per l’individuazione della residenza, con inattese ricadute anche sulla Hospitality. La novità riguarda  innanzitutto quei proprietari che, pur coniugati, mantengono residenze separate e che in virtù della sentenza della Consulta n. 209 dello scorso 13 ottobre – che ha ritenuto discriminatoria la normativa di riferimento – potranno fruire del diritto all’esenzione IMU per ciascun immobile in cui risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente. Ma la decisione, pur concentrata in realtà sul principio di uguaglianza, coinvolge anche i  proprietari locatori della Hospitality, quelli che operano con i c.d. “affitti brevi”, in quanto ribadisce il principio della centralità degli aspetti oggettivi quando si tratta di residenza e dimora abituale, in linea con l’orientamento della Corte di Cassazione. Un malinteso che aveva creato problemi, in alcune Regioni, quando alcune amministrazioni locali, illegittimamente, respingevano la richiesta del proprietario/locatore (o del property manager in nome del proprietario/locatore) di ottenere le c.d. “credenziali” necessarie per procedere con le locazioni brevi in quanto attività ritenuta in via presuntiva incompatibile con la residenza del proprietario nell’alloggio stesso. 

Ne parliamo con Simonetta Marchesi, avvocato tributarista di Milano (responsabile dei temi fiscali per la redazione di Hospitality Law Lab) e con Donatella Marino, avvocato civilista (responsabile per Hospitality Law Lab dell’attività dell’attività redazionale e del coordinamento con il  Comitato Scientifico) che si era già occupata del problema della residenza del proprietario persona fisica che operava con locazioni brevi, eventualmente anche attraverso un gestore (Property Manager).

La normativa sulla esenzione IMU oggetto di censura

Spiega Simonetta Marchesi che “la normativa consente l’applicabilità dell’esenzione IMU al possessore di un immobile adibito ad abitazione principale. Ai fini IMU, per abitazione principale ci si riferiva, nel D.L. n. 201/2011, all’immobile in cui il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Con la Legge di Bilancio 2020 (art. 1 co. 741 L. 160/2019) si è precisato che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e le residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principalesi applicavano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare.”

La illegittimità della precedente situazione

Aggiunge la Marchesi che la Consulta ha rilevato come “la norma generasse due situazioni ingiustificatamente differenziate:

  • se i due partner conviventi non coniugati avevano la residenza in due abitazioni diverse, entrambi potevano approfittare dell’esenzione IMU, 
  • se i due partner conviventi erano coniugati (appartenenti quindi al c.d. “nucleo familiare”) la norma imponeva di scegliere per quale delle due abitazioni godere dell’agevolazione dell’esenzione. 

Qual’è dunque il principio violato, secondo la Corte Costituzionale?

Conclude la Marchesi che “la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni succedutesi nel tempo sull’esenzione IMU in quanto violano il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. penalizzando i coniugi o i soggetti partecipi di una unione civile rispetto ai conviventi, il principio di favore per la famiglia di cui all’art. 31 Cost. penalizzando la famiglia stessa, e il principio di capacità contributiva ex art. 53 in quanto essendo l’IMU un’imposta reale deve essere disciplinata considerando esclusivamente la situazione oggettiva di riferimento: la residenza e la dimora abituale del possessore dell’immobile, dunque, a prescindere dalla circostanza che si tratti di possessori singoli, coabitanti, coniugati o uniti civilmente” . 

L’ impatto della Sentenza in tema di Hospitality

Proprio su quest’ultimo aspetto la Consulta conferma quanto già chiarito dalla Corte di Cassazione. “La residenza anagrafica e la dimora abituale, presupposti dell’IMU, devono necessariamente riferirsi a una situazione fattuale, oggettiva e non possono essere oggetto di valutazioni o presunzioni o vincoli aprioristici”, spiega la Marino. 

Come più diffusamente spiegato nell’articolo pubblicato su Euroconference (https://www.eclegal.it/locazioni-turistiche-residenza-del-locatore/ ) e qui su Hospitality Law Lab (https://hospitalitylawlab.net/2022/01/28/affitti-brevi-e-residenza-del-locatore/),  l’articolo 43 del codice civile definisce la residenza come illuogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Le norme sulla locazione (breve o turistica che sia) non pongono deroghe. E la materia è esclusiva competenza statale. Da qui l’illegittimità delle decisioni delle amministrazioni locali che si basano su elementi aprioristici.

Qualunque proprietario, coniugato o convivente, che offre occasionalmente la propria abitazione principale in locazione per brevi periodi, quando è assente e semprechè ne ricorrano i presupposti, potrà mantenere la propria residenza nell’alloggio locato, ottenere le credenziali e usufruire dell’esenzione IMU.

Sarà poi cura degli enti preposti svolgere le opportune verifiche. 

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