Procedono su strade parallele il codice identificativo nazionale e i codici identificativi regionali, quando previsti: nascono e restano, per il momento, due istituti giuridici diversi che assolvono a funzioni diverse.
Nel tentativo di tracciare una mappatura accurata degli operatori del mercato della Hospitality (tra cui vengono inclusi, a torto o a ragione, anche i locatori che offrono i loro alloggi ai turisti), sia lo Stato (con il c.d. Decreto Crescita del 2019) sia le Regioni (molte, sempre di più) chiedono che le strutture ricettive e gli alloggi concessi in locazione breve (lo Stato) o per finalità turistiche (buona parte delle Regioni) siano censiti e individuabili. Ma se l’attuale trend si stabilizza, i codici che identificheranno questi alloggi negli annunci on line rischiano di essere due.
Scadute ormai tutte le deadline previste per i vari provvedimenti attuativi, del codice identificativo nazionale (quasi) nessuno parla più. Quindi, mentre gli operatori della Hospitality brancolano in preoccupata attesa, le Regioni continuano a prevedere per strutture ricettive e alloggi locati con finalità turistica specifici codici identificativi allo scopo di assolvere alla loro funzione di controllo amministrativo: confortate, del resto, dalla recente decisione della Corte Costituzionale n. 84/2019 che sancisce la legittimità della previsione della normativa regionale lombarda in materia di attribuzione e pubblicazione di un Codice Identificativo anche per gli alloggi concessi in locazione con finalità turistica. Con quella sentenza viene enucleato e chiarito un principio nel nostro ordinamento: “gli aspetti turistici anche di queste ultime (locazioni turistiche, ndr) ricadono nella competenza residuale delle Regioni (…), mentre appartiene all’ordinamento civile la regolamentazione dell’attività negoziale e dei suoi effetti (…). Il legislatore regionale lombardo … ha infatti inteso creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale, e ciò al fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche. (…)”.
A questo principio giuridico si è quindi adeguato anche il Governo che non ha nemmeno impugnato la recente L.R. Veneto n. 23/2019 (secondo cui gli alloggi “ … dati in locazione esclusivamente per finalità turistiche (…), senza prestazione di servizi, sono strutture ricettive …”). Ne consegue (prescindendo da qualsiasi rilievo giuridico su tale previsione) che dal prossimo 19 novembre diventerà operativo in Veneto il “codice identificativo dell’alloggio oggetto di locazione turistica, da utilizzarsi per pubblicizzare l’alloggio, anche su piattaforme digitali o siti internet di prenotazione ricettiva”.
Altre Regioni invece nelle more dell’evoluzione della regolamentazione nazionale si sono fermate, in attesa di capire.
Questo perché se e quando il codice identificativo nazionale dovesse andare a regime, si verificherebbe una duplicazione di codici identificativi da pubblicare durante la fase di offerta e promozione della struttura ricettiva, generando un aggravio di oneri per il gestore e un’inutile confusione nelle informazioni fornite al turista.
Chiariamo un punto, però. Se, come effetto, i due codici identificativi (nazionale e regionale) comportano per il gestore e il turista una fastidiosa duplicazione, la ratio sottesa ai due istituti vuole assolvere a diversi scopi: favorire il controllo della sicurezza pubblica e del gettito fiscale (eventualmente incrociando i dati raccolti dalla Agenzia delle Entrate con le comunicazioni ad Alloggiati Web), quanto allo Stato; assicurare il regolare esercizio dell’attività ricettiva, quanto alle Regioni. Questo anche in funzione dei diversi ambiti di competenza attribuiti dalla nostra Carta costituzionale dopo la riforma del 2001: gli aspetti tributari e penali restano materia esclusiva dello Stato, mentre il diritto pubblico amministrativo in materia di turismo rimane alla competenza residuale delle Regioni.
Per scongiurare dunque il rischio che tutte le strutture ricettive italiane siano costrette ad appesantire i loro annunci promozionali e commerciali con più codici identificativi, non resta dunque che confidare in un buon coordinamento tra provvedimenti attuativi nazionali, (se e) quando ci saranno, e legislazioni regionali: solo dopo tali decreti le Regioni potranno e dovranno provvedere a una revisione organica delle loro normative in materia.
