LE NUOVE “CASE-VACANZA”: ESERCIZI APERTI AL PUBBLICO O DIMORE PRIVATE?

Ognuno di noi può ospitare in casa propria chi vuole. Così come ogni proprietario di alloggio privato può lasciarlo in locazione a chi preferisce, liberamente scegliendo l’inquilino che più gli piace. Ben diversa la situazione dell’albergatore, che non può rifiutare il turista, salvo che non abbia disponibilità di camere o altro motivo preclusivo di pari portata. Questi concetti, apparentemente scontati nella pratica, sono la declinazione di principi giuridici fondamentali nel nostro ordinamento, tanto nitidi in linea teorica quanto pericolosamente confusi nelle applicazioni pratiche.

Rilevano a questi fini alcuni principi consacrati già nella nostra Costituzione. Tra i pilastri, il principio di uguaglianza, ma anche l’inviolabilità del domicilio privato, la libertà (e i limiti) dell’iniziativa economica privata e la tutela della proprietà.

Assorbiti nel nostro ordinamento, questi principi unitamente a molti altri hanno portato alla nozione di “esercizio aperto al pubblico” caratterizzato da un’apertura al pubblico indeterminato (e indiscriminato) dei consumatori. Agli esercizi pubblici è dedicata persino una disciplina specifica nel Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (il c.d. T.U.L.P.S del 1931), il cui regolamento d’esecuzione (all’Art. 187) chiarisce che “gli esercenti non possono senza un legittimo motivo rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”: stando allo stretto tenore letterale, ne conseguirebbe che anche i gestori di esercizi alberghieri e di altre altre strutture ricettive (disciplinati come esercizi pubblici nel T.U.L.P.S.) sono obbligati ad offrire alloggio al pubblico indeterminato dei turisti, non potendo operare alcuna selezione fra i clienti che possono essere rifiutati solo per ragioni oggettivamente giustificabili (individuate anche in giurisprudenza nella indisponibilità di camere oppure nel rifiuto del cliente di pagare o di mostrare i documenti identificativi).

Diverso è quando si tratta di dimora privata: il proprietario può scegliere l’inquilino tramite una trattativa privata come libera espressione del proprio diritto di proprietà. Sul punto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale nel 2017 hanno chiarito che costituiscono “dimora privata” i luoghi “nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare …”. In questa direzione si esprimono anche i nostri professionisti D. Marino, A. Lanzi e G. Marino, chiarendo che “nel concetto di privata dimora rientrano i locali adibiti a locazioni seppur di breve durata, in quanto va ritenuto che in essi, per la durata del contratto, si svolge l’attività privata del conduttore” (“La nuova ospitalità turistica – Dalle strutture ricettive tradizionali alle recenti formule” edito da Key Editore) .   

Nel recepire questi concetti le diverse normative regionali si sono però trovate in difficoltà, dovendo disciplinare situazioni molto eterogenee. Tant’è che molto spesso la scelta Legislativo è stata di indicare il carattere di “apertura al pubblico” solo per singole fattispecie ricettive. La L.R. lombarda n. 27/2015 per esempio prevede che sono “strutture ricettive alberghiere quelle organizzate per fornire al pubblico … alloggio … e altri servizi accessori per il soggiorno”. Un analogo richiamo al “pubblico”, al contrario, non si trova in relazione alle strutture ricettive extralberghiere né in relazione agli alloggi locati per finalità turistiche. La L.R. laziale n. 13/2007, all’Art. 22, definisce generalmente “attività ricettiva quella diretta alla produzione ed all’offerta al pubblico di ospitalità intesa come prestazione di alloggio e di servizi accessori e connessi”, ma, ancora una volta, il carattere di “apertura al pubblico” viene specificato solo in relazione alle strutture ricettive alberghiere e all’aria aperta, mentre nulla si dice in relazione alle strutture ricettive extralberghiere.

L’argomento è dunque pericolosamente complesso. Può il gestore di un B&B o di una CAV scegliere liberamente di non concedere l’alloggio ad una specifica categoria di clienti? Può il locatore privato che si affida a un Property Manager vietare nel mandato la possibilità di concedere il proprio alloggio ad una categoria di turisti, per esempio, agli “stranieri”? Ma soprattutto è corretto affidare un tema tanto delicato alla singole Regioni generando una difformità di approccio al turista significativa nel territorio, per cui una coppia omosessuale potrebbe dover essere necessariamente accolta dai B&B di una Regione, ma vedersi rifiutare l’accoglienza in un’altra? E quando il Legislatore (regionale o nazionale) utilizza il termine “struttura ricettiva”, ha in mente questa delicata tematica? Tiene presente, il Legislatore, l’interazione tra questi concetti e la destinazione turistico-ricettiva urbanisticamente rilevante?

Su questo hanno invece preso posizione i principali portali online di intermediazione, Airbnb e Booking, che all’interno dei propri Termini Generali vietano qualsiasi discriminazione per razza, origine nazionale, religione, genere, disabilità fisica o mentale, condizione medica, stato civile, età o orientamento sessuale ai loro Host. Questo ha comportato alcuni episodi riportati dalle cronache all’estero e in Italia (una coppia omosessuale alla quale è stato rifiutato di locare un appartamento nel Foggiano, regolarmente proposto su Airbnb (Huffington Post) o un’altra coppia omosessuale respinta da un B&B vicino a Vibo Valentia, in questo caso, pubblicizzato su Booking, che ne avrebbe immediatamente sospeso le prenotazioni (Repubblica)).

E’ scorretto affrontare il tema con interpretazioni semplicistiche di carattere generale. Confidiamo tuttavia che il Legislatore comprenda che malgrado l’assonanza terminologica la nozione di struttura ricettiva non coincide (anche se spesso vien fatta pericolosamente coincidere ) con quella di esercizio ricettivo. Tra i vari argomenti sul tavolo, è auspicabile quindi un intervento legislativo anche su questo punto tale da rendere il concetto congruente con il resto dell’ordinamento.

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