Ecco una sentenza che detta un principio nuovo e di grande impatto nel mondo del turismo e del Real Estate dedicato alla Hospitality. E questo indipendentemente dalla esiguità della sanzione. Il Consiglio di Stato ha censurato il comportamento di Tripadvisor per aver diffuso “informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni”, accogliendo con sentenza n. 04976 dello scorso 15 luglio il ricorso proposto dall’AGCM, cioè la Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust. Il supremo organo di giustizia amministrativa ha così accolto l’appello presentato dall’AGCM che chiedeva la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio davanti al quale invece l’Antitrust era uscita soccombente. Il Consiglio di Stato ha quindi deciso per l’irrogazione di una sanzione pecuniaria amministrativa per pratica commerciale scorretta, in quanto idonea a “falsare in misura apprezzabile il comportamento del consumatore medio in relazione ai servizi promossi” dalla piattaforma.
Questa la vicenda. Nel 2014 l’AGCM aveva adottato contro Tripadvisor il provvedimento n. 25237 del 19 dicembre 2014, con cui, dopo aver “riscontrato l’esercizio di una pratica scorretta e, di conseguenza, la violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo”, ne vietava “la diffusione e continuazione, irrogando la sanzione di euro 500.000”. L’Antitrust arrivava a tale decisione a seguito di segnalazioni che le erano giunte che contestavano la policy di Tripadvisor in materia di recensioni. A seguito di quelle segnalazioni infatti l’Antitrust aveva “avviato un’indagine sul sito internet www.tripadvisor.it – dedicato alla diffusione di informazioni turistiche, consistenti in recensioni di utenti, registrati sul medesimo sito, che rilasciano giudizi sui profili di strutture ricettive (di ristorazione, alberghiere, di “bed and breakfast” e natura simile), dopo averne usufruito – volta a verificare la correttezza del comportamento tenuto dalla società”. A seguito dell’indagine l’Antitrust aveva riscontrato la diffusione di “informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni”. Questo perché “…Tripadvisor, (…) pur dichiarando di non controllare i fatti contenuti nelle recensioni ed essendo a conoscenza che sul predetto sito vengono pubblicate false recensioni, sia di valenza positiva che negativa, da parte di utenti che non hanno effettivamente fruito dei servizi offerti dalle strutture presenti nel database, utilizza informazioni particolarmente assertive, come tali idonee ad accrescere la fiducia dei consumatori sul carattere autentico e genuino delle recensioni pubblicate dagli utenti”. Su questa base, anche a fronte della facilità di registrarsi sul sito e di lasciare recensioni grazie anche all’assenza di un adeguato sistema di controllo, l’AGCM ha rilevato che “la condotta esaminata, correlata all’inidoneità degli strumenti e delle procedure adottate per contrastare il fenomeno delle false recensioni, dava luogo alla diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni pubblicate, idonea a influenzare le determinazioni di un’ampia platea di consumatori, i quali, affidandosi all’asserito carattere genuino e autentico delle recensioni stesse, orientano le proprie preferenze”. Inoltre, pur prendendo atto dello sforzo di Tripadvisor nel dotarsi “di un articolato sistema di controllo delle recensioni e di misure di contrasto alle attività collegate col rilascio delle false recensioni”, ha evidenziato che Tripadvisor “non era stato in grado di vagliare effettivamente, e in maniera efficace, la genuinità del loro contenuto informativo, né l’attendibilità della valutazione complessiva che con le stesse si rilascia alle strutture, non essendo mai il professionista effettivamente in grado di verificare la veridicità delle informazioni ricavabili dalle recensioni”.
La determinazione dell’AGCM è stata impugnata da Tripadvisor di fronte al T.A.R. del Lazio, che, con sentenza del 13 luglio 2015, n. 9355, si è pronunciato invece a favore della piattaforma.
L’AGCM ha però insistito rivolgendosi dunque al Consiglio di Stato, che ha ribaltato la decisione del T.A.R. e, ponendosi a favore della tesi dell’Antitrust, irrogava una (seppur più mite) sanzione di Euro 100.000.
Il giudice amministrativo, in particolare, afferma che i claim di Tripadvisor contestati dall’AGCM in quanto ritenuti idonei a ingenerare in un utente medio il falso convincimento sull’attendibilità e sulla genuinità delle recensioni pubblicate, “indipendentemente dal fatto che non fosse garantita la veridicità del contenuto e della fonte, letti nel loro insieme risultano idonei, come correttamente affermato nel provvedimento impugnato, a ingenerare in un utente medio di internet il falso convincimento dell’attendibilità e della genuinità delle recensioni pubblicate. Sul punto le conclusioni raggiunte dall’Autorità risultano del tutto condivisibili, atteso che i claim, alcuni dei quali particolarmente assertivi e già presenti nella home page del sito, sono tali, anche nella presentazione complessiva, da influenzare i consumatori sin dal primo contatto ingenerando il falso convincimento dell’affidabilità delle recensioni pubblicate. A nulla vale in contrario considerare che fosse stato predisposto un apposito disclaimer, atteso che il medesimo, come appurato dall’Autorità, non era immediatamente visualizzabile, occorrendo all’uopo raggiungere una specifica sezione del sito accessibile solo attraverso alcune schermate. Le conclusioni del Tribunale contrastano, quindi, con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui il consumatore medio, dev’essere messo in condizione di autodeterminarsi sin dal primo contatto pubblicitario (Cons. Stato, Sez. VI, 22/7/2014, n. 3896). La contrarietà alla richiesta diligenza professionale risulta congruamente motivata anche in relazione al fatto che il professionista ha tenuto la condotta contestata, pur consapevole dei limiti intrinsechi del proprio sistema di controllo delle fonti delle recensioni, così violando l’obbligo di mettere a disposizione dei consumatori un quadro informativo chiaro, esaustivo e veritiero”.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, comminato a Tripadvisor una sanzione (seppur ridotta rispetto a quella originariamente applicata dall’AGCM), riconoscendo che i claim di Tripadvisor, fra i quali “Non importa se preferisci le catene alberghiere o gli hotel di nicchia: su tripadvisor puoi trovare tante recensioni vere e autentiche, di cui ti puoi fidare. Milioni di viaggiatori hanno pubblicato on-line le proprie opinioni più sincere su hotel, bed & breakfast, pensioni e molto altro”, presentano un carattere assertivo e vengono ben messi in evidenza anche sull’home page del sito, essendo idonei ad “influenzare i consumatori sin dal primo contatto ingenerando il falso convincimento dell’affidabilità delle recensioni pubblicate”. La sentenza detta un principio importante, tutto sommato nuovo nel nostro sistema giuridico: le piattaforme che operano nel settore ricettivo devono dotarsi di regole, strumenti di assistenza e di controllo che per severità, quantità, qualità e competenza dei servizi resi siano in grado di accertare che le recensioni non diventino una schiavitù sconsiderata cui alberghi o altre strutture ricettive e più in generale gli Host devono soggiacere mentre il mercato dei consumatori annaspa frastornato. Piuttosto, questo innovativo e potenzialmente eccellente strumento offerto al pubblico dei recensori dovrebbe diventare quello che il consumatore si attende, specie in assenza di strumenti di classificazione stellata: un diverso metodo di valutazione che, pur non potendo essere oggettivo, si ponga comunque come adeguato riscontro della realtà, sganciato dall’umore o dall’incompetenza del recensore. E’ compito delle OTA e dei portali di intermediazione imporre rigide linee guida cui gli utenti che vogliono commentare devono attenersi, individuare metodi idonei a eliminare rapidamente le recensioni che da queste regole si scostano e dotarsi, soprattutto, di congegni di controllo in grado di verificare che il recensore quantomeno esista.
Pubblichiamo di seguito l’articolo scritto da uno dei nostri professionisti per Milano Finanza.
