Alloggio e servizi: nuova generazione di contratti Real Estate

Li chiamavano “affitti brevi”, al loro esordio. Poi i più avveduti hanno compreso che il termine “affitto” è utilizzato, sbagliando, per indicare un contratto di “locazione”, e si è arrivati al concetto di “locazioni brevi”. Intanto l’approccio anglofono esercitava il suo fascino, certamente apprezzabile per l’astrazione dai concetti tecnico-giuridici italiani (se non si conoscono, i concetti, meglio non usarli) e per la loro immediatezza e brevità, e hanno fatto capolino nel mercato contratti di “short rent” o “rental”, “short term rent”, o persino “short short rent”, per indicare la tipologia più simile a quella alberghiera in cui l’alloggio è offerto per pochi giorni. Ma qualcuno propone, oltre all’alloggio, anche qualche servizio aggiuntivo personalizzato: di conciergerie, di riassetto e pulizia o di cambio biancheria per favorire il piacevole soggiorno degli ospiti avvicinandosi così ai “contratti di alloggio in albergo” o “in Residence” o “in CAV” o comunque contratto di alloggio in struttura ricettiva, definiti dalla dottrina civilistica come “contratti di ospitalità turistica”. Mentre, nel frattempo, invadono anche il mercato del Long Term i c.d. Serviced Apartment, locati con strumenti negoziali ibridi idonei a offrire agli ospiti anche servizi personalizzati.

E, fin qui, parrebbe una questione terminologica.

In realtà non è così. Il diritto italiano non consente tanto liberamente queste licenze linguistiche e ogni rapporto giuridico viene travolto, volente o nolente, da una cascata di norme. Anche perché il c.d. nomen iuris attribuito al contratto rileva, ma poco.

Per esempio: se parliamo di contratto di locazione, abbiamo in primo luogo a che fare con un contratto, quindi con un rapporto tra privati disciplinato dal diritto civile. Poi c’è il tipo di contratto, specificato come “locazione”, all’interno del quale, ai nostri fini, va estrapolata la particolare fattispecie del contratto di locazione di bene immobile a uso abitativo e in particolare, prevalentemente, “con finalità turistica” anche se vanno sempre più diffondendosi, spesso in modo un po’ maldestro, i vari tipi di contratti transitori. Ma questa è altra storia.

Volendo semplificare, quindi, la disciplina civilistica dei rapporti tra locatore e conduttore che qui interessa va ricostruita:

-sulla base delle specifiche pattuizioni (scritte o verbali o comunque intervenute) tra le parti (tenendo presente le eventuali interazioni con soggetti terzi intervenuti nella conclusione dell’accordo, intermediari o Property Manager)
– sui dettami (prevalentemente dispositivi e derogabili) degli Artt. 1571 ss. c.c.
– sulla disciplina speciale della L.431/1998 che detta diverse norme di applicazione necessaria e in quanto tali inderogabili (in materia di durata, di canoni o di forma, per esempio) che variano in funzione delle diverse tipologie locative ma che, se previste e non rispettate, determinano la nullità dell’eventuale clausola contrattuale difforme
– quanto alla locazione con finalità esclusivamente turistica, sulla base anche e soprattutto dell’Art. 53 del Codice del Turismo del 2011 (e quindi, nuovamente, della disciplina degli Artt. 1571 ss. c.c.)

Estrapolando dalla definizione generica di cui all’Art. 1571 c.c. la locazione di un bene immobile è il contratto con il quale il locatore si obbliga a far godere al suo inquilino un proprio bene immobile (può essere una intera unità immobiliare o una sua porzione) per un certo periodo di tempo in cambio di un determinato corrispettivo. Il locatore resta completamente estraneo alla vita dell’ospitato: il rapporto tra i contraenti si esaurisce al momento stesso della conclusione del contratto tra soggetto locatore e soggetto conduttore – non necessariamente coincidente con le persone fisicamente ospitate – senza l’accompagnamento di attività ulteriori e successive da parte del gestore inquadrabili come servizi riconducibili alla nozione di ospitalità. Il locatore non può né deve più accedere al proprio immobile se non in caso di situazioni di emergenza, rischiando in caso contrario la violazione di domicilio. Sarà poi più tutelato in sede giudiziaria, in caso di morosità e mancato rilascio, potendo fruire dello speciale procedimento dello sfratto.

Diverso e più fluido l’inquadramento civilistico del contratto di ospitalità. Come spiegato nel già citato testo “La nuova ospitalità turistica” edito da Key Editore – coautori alcuni componenti del nostro Comitato Scientifico – si tratta di un contratto atipico o misto (con elementi della locazione e dell’appalto di servizi, in particolare) ritagliato in buona parte sul modello del contratto di alloggio in albergo e rilevato già da anni dai nostri giudici.

In una nota (ancorché datata) sentenza (n. 4763/1999) la Corte di Cassazione Civile offriva un’accurata disamina comparativa del contratto di alloggio in Residence (o struttura ricettiva) di lunga durata con il contratto di locazione. La Suprema Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di ricondurre il contratto di ospitalità stipulato da una cliente( che aveva fruito dell’alloggio in Residence per una decina di anni) a un contratto di locazione. La cliente sosteneva che la cifra pagata per fruire del soggiorno in Residence non era in linea con la normativa vincolistica calmierata in materia di locazione e ne chiedeva la restituzione sostenendo di non aver mai fruito dei servizi di hotellerie offerti dalla struttura ricettiva. La Suprema Corte stabiliva in quella occasione tre principi:

-il contratto di alloggio in struttura ricettiva può avere anche carattere stabile, di lunga durata

-è il contenuto effettivo del contratto e non la circostanza che una delle due parti sia una struttura ricettiva che determina l’inquadramento negoziale come contratto di ospitalità turistica anziché di locazione

-il contratto di alloggio in Residence si differenzia dal contratto di locazione in quanto, nel contenuto del primo, al godimento dell’immobile si accompagna l’offerta di servizi di natura genericamente alberghiera, indipendentemente dalla circostanza che l’alloggiato abbia deciso di non fruirne.

Nel caso specifico, la Suprema Corte respingeva il ricorso della cliente/conduttrice, così spiegando.

“È irrilevante che la [cliente, n.d.r.] abbia fatto un uso parziale o completo di tali servizi di tipo alberghiero, essendo essenziale che essi esistessero e che rientrassero nel contenuto del contratto.  (…) Infine, il contratto di alloggio in residence non può essere escluso per il fatto che la [cliente, N.d.R.] abbia abitato nell’appartamento per oltre un decennio, poiché se è vero che tale contratto [di alloggio in residence o di ospitalità, N.d.R.] ha, di regola, carattere temporaneo e transitorio (come ha affermato Cass., 4 febbraio 1987, n. 1067), esso non è però incompatibile con un godimento di carattere stabile”.

Non è pertanto la (sola) circostanza che l’alloggio sia offerto in una struttura ricettiva a determinarne la disciplina civilistica, bensì l’effettivo contenuto dell’accordo: è però indispensabile che vengano sottoscritte pattuizioni inequivoche in apposito contratto scritto di locazione che, in linea con la normativa di settore, consenta di individuare in modo chiaro l’inconsueto contenuto negoziale.

Più in generale, è evidente che, nella prassi, sta affiorando una nuova esigenza: l’elaborazione di una figura negoziale idonea a regolare i mutati interessi delle parti, ma anche agevolmente inquadrabile in modo coerente nell’ordinamento. Ricorrono necessariamente alcuni caratteri, nel contratto di ospitalità, altrettanto necessariamente assenti nel contratto di locazione, e viceversa. Tuttavia, mentre la contrapposizione è netta – e imprescindibile, sul piano normativo, (per i risvolti civilistici ma anche fiscali, penali e amministrativo-regionali), la prassi sta progressivamente sfumando i contorni tra le due fattispecie. Questo fenomeno di avvicinamento, in rapida espansione, suggerisce di affrontare le situazioni caso per caso con competenze specifiche, mentre ci si attende uno sforzo consistente e competente del Legislatore che porti a un rapido riallineamento del diritto positivo alle esigenze del settore.

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