Imposte su canoni non percepiti: la svolta della C.T.R. Puglia per le locazioni a uso commerciale

Buone notizie per il Real Estate e non solo per l’imminente decollo del Recovery Plan: anche dal sistema giudiziario italiano giungono cenni di nuove consapevolezze in supporto del Real Estate commerciale – e, quindi, ricettivo. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia propone un nuovo principio interpretativo a favore dei proprietari di immobili a uso diverso dall’abitativo costretti (fino ad oggi) a pagare le imposte sui canoni di locazione dichiarati, anche se non percepiti per morosità del conduttore, fino al definitivo accertamento dello scioglimento della locazione. Discostandosi dall’orientamento giurisprudenziale e amministrativo precedente la C.T.R. Puglia, con Sentenza n. 63 dello scorso 13 gennaio, stabilisce che il locatore può legittimamente presentare una nuova dichiarazione dei redditi (integrativa a favore) che, per la determinazione dell’imposta, riporti soltanto il valore catastale dell’immobile e non più il canone di locazione (non percepito). In altre parole, “in caso di mancata dichiarazione di redditi da contratto di locazione commerciale, non è dovuto il maggior reddito se i canoni di locazione, in presenza di sfratto convalidato con ordinanza del tribunale, non sono stati percepiti, dovendo il carico fiscale essere ragguagliato alla capacità contributiva e quindi alla effettiva ricchezza a disposizione del contribuente” (Massima).

La regola generale per gli immobili ad uso diverso da quello abitativo è dettata dall’art. 26 TUIR (Dpr 917/86) come riformato dal Decreto Crescita (D-L n.34/2019 convertito) e prevede che “i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale”.  Secondo l’interpretazione consolidata ciò significava che il relativo canone, ancorché non percepito, dovesse esser dichiarato e tassato nella misura in cui risulta dichiarato dal contratto di locazione, fino a procedimento giurisdizionale concluso che dimostra la cessazione della locazione.

Per la locazione di immobili ad uso abitativo la situazione è in parte diversa, grazie alle (relativamente recenti) modifiche. In questo caso i canoni “se non percepiti, non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento(art. 26 TUIR). Ciò significa che è consentito al contribuente/ locatore che non abbia incassato i canoni di locazione di non tassare gli stessi già dopo l’intimazione di sfratto per morosità o l’ingiunzione di pagamento.

Data la dubbia ragionevolezza della previsione per le locazioni c.d. a uso commerciale, in passato, si era ricorso anche Corte costituzionale con sentenza n. 362 del 26 luglio 2000, che aveva tuttavia confermato la costituzionalità dell’articolo (ex 23, ora 26 TUIR), affermando che i proprietari che non incassano i canoni di locazione risultano comunque tutelati dagli ordinari strumenti di risoluzione contrattuale previsti dalla legge: quali la risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (ex art. 1454 c.c.), la risoluzione in applicazione di una Clausola risolutive espressa (ex art. 1456 c.c.), o ancora la risoluzione convenzionale. Tuttavia si tratta di tutele incerte (dipendenti dall’esito del procedimento giudiziario) e comunque lente e ritardate rispetto all’obbligo di pagamento delle imposte: tanto che la conseguenza, in concreto, è l’esposizione di molti proprietari alla beffa di dover pagare per una ricchezza (canone) non esistente.

Dalla lettura della massima si evince che è proprio sul principio costituzionale di capacità contributiva (art. 53 Cost.) che si è basata la Corte Territoriale pugliese, con l’affermazione che le imposte devono essere pagate sulla “effettiva ricchezza a disposizione del contribuente“. Pertanto, a decorrere dall’anno di imposta in cui è stata resa l’ordinanza di convalida dello sfratto, l’eventuale presentazione da parte del locatore di una dichiarazione dei redditi che, ai fini della determinazione della imposta, non riporti i canoni di locazione non percepiti, deve considerarsi legittima.

Anche se il focus dei nostri professionisti verrà tenuto nei prossimi post sul potente impatto del Recovery Plan nel segmento Hospitality, non mancheremo di segnalare se questa impostazione dei giudici pugliesi verrà confermata in altre Corti o, meglio ancora, recepita da un idoneo intervento perequativo del nostro Legislatore.

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