Una panoramica sulle locazioni residenziali nel post-covid

Altri assestamenti per il Real Estate. L’emergenza Covid e i connessi interventi legislativi e giurisprudenziali spingono proprietari e gestori a cercare nuove soluzioni locative. Da ultimo, la proroga dello stato d’emergenza al 31 gennaio 2021 decisa ieri (D-L 7 ottobre 2020). Un provvedimento in linea con i decreti emergenziali degli scorsi mesi e con le recenti posizioni dell’Europa.

Si tratta di interventi che da una parte portano i piccoli proprietari ad abbandonare gli “affitti brevi” per tornare alle vecchie formule locatizie più stabili. Oppure, ad affidarsi ai property manager del settore, meglio attrezzati per fronteggiare i nuovi scenari, magari con formule protettive come il rento to rent.

Dall’altra, preoccupano anche il blocco degli sfratti – oggetto di continue proroghe -, i nuovi orientamenti giurisprudenziali e, ancora una volta, il D-L del 7 ottobre 2020 che impone le mascherine in ogni spazio condiviso: un freno anche per le locazioni commerciali – oltre che le residenziali – di medio e lungo periodo.

L’obiettivo dunque è ora rendere gli immobili versatili per qualsiasi tipo di utilizzo. La difficoltà, quella di destreggiarsi tra norme e provvedimenti tra loro sovrapposti se non contrapposti. La soluzione privilegiata, quella di affidarsi a operatori professionali.

L’emendamento sui c.d. affitti brevi e il locatore- imprenditore. L’emendamento al Decreto agosto è stato bocciato al Senato durante la seduta del 6 ottobre scorso: la c.d. norma “salva centri storici” proponeva il riconoscimento del regime fiscale delle locazioni brevi solo quando il soggetto persona fisica destinava alla locazione breve non più di tre unità immobiliari per ciascun periodo d’imposta. Al di là delle polemiche, due punti fermi:

-la posizione dell’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 278 del 26 agosto 2020, v. articolo su HLL)

-le norme del nostro diritto civile e commerciale (non ultima, la normativa sulla crisi di impresa) e il testo unico dell’imposta sui redditi, che chiariscono quando un soggetto persona fisica deve essere considerato imprenditore.

Le ragioni del successo di “affitti brevi” ed extra-ricettivo nel pre-Covid. Prima della crisi Covid le locazioni turistiche sotto i trenta giorni affascinavano gli Owner: libertà di canoni e durata, utilizzo dei portali internazionali del turismo (O.T.A) – in aggiunta ai più domestici canali dell’immobiliare tradizionale – pagamenti sicuri anticipati e una redditività su base giornaliera trainata dal turismo erano ingredienti di una ricetta di sicuro successo.

La riconversione e le nuove questioni. L’emergenza Covid però, si sa, ha travolto il settore turistico: disdette, alloggi vuoti, responsabilità di varia natura in caso di ospiti Covid positivi, costi aggiuntivi per le sanificazioni.

Molti proprietari e gestori immobiliari si sono così riproposti nel mercato delle tradizionali locazioni di medio o lungo periodo. Ma per scoprire che la stabilità sperata in queste soluzioni può essere un’illusione. Gli inquilini, a certe condizioni, possono recedere anticipatamente. Chiedono e ottengono la rinegoziazione dei canoni. Anzi, per le locazioni commerciali è stato persino riconosciuto un vero e proprio obbligo di rinegoziazione dei canoni di locazione in conseguenza del Coronavirus (Tribunale di Roma, Ord. 27 agosto 2020). E permane comune il rischio di mancato pagamento, aggravato dall’impossibilità di esecuzione degli sfratti previsto dall’art 17 bis del Decreto Rilancio (convertito in L.17 luglio 2020, n. 77) e prorogata fino al 31 dicembre 2020.

La responsabilità dell’inquilino moroso. E ancora: l’art. 91 D-L n. 18/2020 (convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27) chiarisce che il rispetto delle misure di contenimento va valutato “ai fini dell’esclusione […]della responsabilità del debitore […]”. La norma è di difficile interpretazione, ma sicuramente conferma quel favor verso l’inquilino presente nel nostro ordinamento, considerato soggetto debole del rapporto. Una norma che, tuttavia, a detta dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, non può spingersi fino al punto di far subire a una sola parte “un apprezzabile sacrificio personale o economico” ma deve essere un’espressione della buona fede contrattuale e del principio di conservazione del contratto (art. 1372 c.c.).

Student housing. Altra soluzione locativa di successo nel pre-Covid era il contratto con studenti universitari: ma anche qui, battuta d’arresto. Prima della crisi, gli investitori anche internazionali avevano guardato con interesse a questo settore spinti da vari fattori: università italiane alte nei ranking, ragionevole costo della vita e bassissimi costi scolastici rispetto all’offerta degli altri atenei internazionali, per dirne alcuni. Al punto che la scelta operativa era spesso quella di rinunciare ai benefici della normativa vincolistica per privilegiare strumenti contrattuali che consentivano di sfruttare i canoni alti che gli studenti internazionali erano disposti a pagare. Ma lo scenario è cambiato. Già quando gli studenti stranieri sono scappati, i proprietari si sono trovati con canoni non pagati e situazioni in sospeso.

Oggi il tema si ripresenta, con caratteristiche diverse: gli studenti stranieri stentano a tornare e la ripresa delle lezioni in presenza solo “ad intermittenza” mantiene la necessità di impostazioni contrattuali flessibili.

L’obiettivo del Real Estate si conferma quindi quello di rivolgersi ad asset versatili giocando la carta della flessibilità con gli strumenti giuridici adeguati.

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