Il Legislatore si accinge a toccare il mondo immobiliare introducendo una presunzione di imprenditorialità ad hoc per i locatori persone fisiche. Ma non sembra voler toccare la figura del Property manager: un operatore dai caratteri fluidi, dal punto di vista civilistico, fiscale e amministrativo.
Nella soluzione tipica l’incarico viene conferito al Property Manager da un soggetto (persona fisica o società) proprietario (o altrimenti avente titolo per la concessione del godimento) di unità immobiliari. Si tratta di un accordo che mutua elementi da diverse figure contrattuali tipizzate, a volte anche regolamentate, ma non sempre tra loro compatibili. Ricorrono tratti della mediazione immobiliare, ma anche della semplice consulenza, del mandato con rappresentanza accompagnato spesso da un mandato all’incasso dei canoni, del mandato senza rappresentanza, della semplice consulenza, dell’incarico di servizi, del prestatore d’opera intellettuale, della locazione con facoltà di sublocazione e molte diverse combinazioni, spesso inopportune, delle diverse figure menzionate. Alla confusa posizione civilistica che ne deriva quando si mescolano malamente i diversi istituti segue, in ovvia ricaduta, un’errata impostazione fiscale.
Ripercorriamo oggi, per la sua chiarezza nell’inquadrare il punto, l’ordinanza n. 6502 del 2014 della Suprema Corte. Riprendendo principi consolidati, accertava che la contribuente, una Property manager che operava in Sardegna, effettuava “attività di locazione di appartamenti e case al mare … durante la stagione turistica”, con “locali offerti tanto a clienti procacciati direttamente quanto a tour operators che a loro volta li cedevano alla propria clientela” e che la stessa “oltre all’immobile forniva il cambio settimanale della biancheria e la pulizia finale dei locali“. Precisava poi che la fornitura “di detti servizi di cambio settimanale della biancheria e di pulizia dei locali – in un contesto in cui, come dedotto dalla stessa contribuente … la di lei ditta individuale … esercitava l’attività di cessione in locazione ad uso turistico di una pluralità di immobili – caratterizza i rapporti tra la contribuente e i suoi clienti come rapporti di prestazione alberghiera e non di locazione”.
Ribadiva quindi un concetto centrale. “Il principio che le prestazioni lato sensu alberghiere si distinguono dalla locazione di immobili arredati proprio per la fornitura di servizi personali è stato infatti reiteratamente affermato dalla terza sezione civile di questa Corte … (sentenze nn. 755/91, 5632/93, 17167/02, 2265/10)”.
La stessa decisione del 2014 ricordava inoltre che, sotto altro profilo, con altra sentenza “concernente l’applicazione dei benefici di cui alla legge “Tupini”…, si è chiarito che la “casa albergo” costituisce una struttura funzionale all’esercizio di una attività di impresa, consistente nel prestare ospitalità dietro corrispettivo ad una massa indiscriminata di fruitori cosicchè la stessa non è assimilabile alla “casa di abitazione” (che va intesa come luogo destinato ad ospitare – con tendenziale continuità – nuclei familiari, per lo svolgimento della loro vita privata), ma va piuttosto ricondotta alla diversa categoria del “negozio”, costituita come luogo deputato allo svolgimento di attività d’impresa. In conclusione si deve affermare il principio che – nell’ipotesi di concessione in godimento di un immobile arredato accompagnata dalla prestazione di servizi non direttamente inerenti al godimento della res locata (come la climatizzazione o la somministrazione di acqua, luce e gas), ma di carattere personale (come le pulizie od il cambio della biancheria) – il rapporto, specialmente se si inserisca in un attività avente ad oggetto la cessione di una pluralità di immobili, non è qualificabile come locazione immobiliare ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, punto 8.”
Altrettanto complesso è l’adeguamento dell’impianto contrattuale al dettato amministrativo. Grazie agli Avv. Donatella Marino e dell’avv. Francesco Sibilla, che ringraziamo, ci sono spesso segnalati anche i provvedimenti sanzionatori degli Organi verificatori (solitamente la Polizia municipale) che contestano e riqualificano le attività dei Property Manager oggetto di verifica basandosi su pochi elementi sommari, salvo poi la possibilità per il sanzionato di difendersi nelle apposite sedi. Si veda, per un esempio, la sanzione di Euro 4000,00 irrogata a un Property manager lombardo per aver violato la normativa regionale in quanto – nella propria “qualità di soggetto/persona avente la disponibilità” di diverse unità abitative, in virtù di appositi mandati – intraprendeva un’attività ricettiva non alberghiera (casa vacanze) in forma imprenditoriale, omettendo di presentare al Comune competente …la preventiva comunicazione per l’apertura di tale attività”. Adduceva, l’accertatore, che la violazione era “emersa a seguito di accertamenti effettuati attraverso i siti internet “Airbnb” e “Booking.com” dedicati alla pubblicizzazione on line delle strutture ricettive”. In particolare, dall’esame dei portali era emerso che la titolarità del soggetto risultante avere “la disponibilità delle strutture” come HOST in realtà coincideva con il legale rappresentante della società Property Manager.
Il Property Manager oggi, per ottenere una redditività ottimale attraverso un’accurata gestione, deve essere consapevole di muoversi in un settore che non perdona approssimazioni. Confidiamo che il Legislatore, nel suo intento di perimetrare il concetto di imprenditore, non alimenti la stratificazione di norme scoordinate ma riesca piuttosto a inserirsi sapientemente nel solco di quanto già esiste ripulendo l’impianto normativo delle norme confusive.
