Al mediatore immobiliare spetta la provvigione solo quando l’affare si può considerare “adeguatamente” causato dal suo intervento. Secondo la recente sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 2 febbraio, è proprio dalla valutazione dell’efficacia causale “adeguata” (o meno) dell’attività del mediatore per la conclusione dell’affare che si determinerà (o meno) il suo diritto alla provvigione.
Il fatto
La signora X accompagnava la madre Y dal mediatore immobiliare Alfa, venendo così a conoscenza di un immobile. Successivamente perfezionava però la compravendita per effetto dell’attività di un diverso mediatore immobiliare (Beta).
Il mediatore Alfa decideva di agire contro l’acquirente X ed il venditore Z per il riconoscimento del proprio compenso per la mediazione, ma risultava soccombente sia in primo sia in secondo grado. Ricorreva dunque davanti alla Suprema Corte, chiedendo l’accertamento del rapporto di mediazione tra acquirente X e venditore Z e il pagamento del compenso.
Di contro, il venditore Z rilevava che le persone messe in contatto tra di loro dal mediatore Alfa erano diverse dalle parti che avevano concluso la compravendita, e che dopo la scadenza del contratto con il mediatore Alfa si era rivolto, per l’appunto, al mediatore Beta.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione (Sent. 3165/2923 dello scorso 2 febbraio) confermava la posizione del venditore Z. Riteneva infatti che la conclusione dell’affare non era stata “effetto causato adeguatamente dal suo intervento”.
Quando sorge il diritto alla provvigione, secondo il Codice civile e secondo i nostri giudici?
Per il nostro codice civile il mediatore è chiunque metta in relazione due o più parti per la conclusione di un affare. Acquista così il diritto alla provvigione, tendenzialmente da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per mezzo del suo intervento. Due diversi concetti, quindi: uno, più largo, usato dall’Art. 1754 Codice civile per la definizione di mediatore. L’altro (Art. 1755 Codice civile) per chiarire quando il mediatore ha diritto alla provvigione.
Per considerare l’affare effetto dell’ “intervento” del mediatore”, è sufficiente che questi abbia “messo in relazione” le parti?
Assolutamente no. Proprio su questo punto interviene il chiarimento della sentenza della Suprema Corte che stiamo esaminando oggi. Perché nasca il diritto alla provvigione non è sufficiente mettere in relazione le parti tra di loro ma è necessario che l’intervento del mediatore immobiliare sia condizione adeguata alla conclusione dell’affare. Non qualsiasi condizione precedente può considerarsi causa della conclusione dell’affare, quindi, ma solo quella che seguendo l’evoluzione normale o probabile dell’azione, secondo un giudizio prognostico, risulti a ciò “adeguata”.
Nel caso analizzato, la Corte ha considerato infatti che:
– la parte (la madre Y) che era stata messa in relazione con il venditore Z dal primo mediatore (Alfa) non corrispondeva all’acquirente (la signora X);
-l”affare si è concluso dopo un lasso di tempo significativo dalla scadenza dell’incarico
conferito al primo mediatore;
– il venditore Z si è rivolto ad un secondo mediatore (Beta), la cui opera – autonoma rispetto a quella del primo – ha avuto un ruolo di efficienza causale adeguata rispetto alla conclusione dell’affare.
Un tema dibattuto nei nostri Tribunali, che trova un felice chiarimento in questa sentenza della Suprema Corte, ben sintetizzata nell’articolo pubblicato da Euroconference Legal, a firma del nostro partner Donatella Marino ( https://www.eclegal.it/non-basta-mettere-relazione-le-parti-diritto-alla-provvigione-del-mediatore/ )
