Ritenuta del 21%: un nulla di fatto dall’Europa

Lo scorso 30 giugno la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato la domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal nostro Consiglio di Stato sulla questione Aribnb Ireland vs Agenzia delle entrate (trattata da HLL in numerosi precedenti post) manifestamente irricevibile, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 2 del suo regolamento di procedura.

Resta ancora in sospeso quindi, il procedimento iniziato l’ormai lontano 12 luglio 2017, quando l’Agenzia delle Entrate aveva applicato nei confronti di Airbnb Ireland il regime fiscale per le locazioni brevi introdotto dall’art. 4 co. 4, 5 e 5bis del D-L n. 50/2017 (come convertito dalla L. n. 96/2017). Le norme prevedono a carico dei portali di intermediazione “obblighi informativi (trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai contratti conclusi tramite il portale telematico)”, imponendo “ai medesimi gestori di portali telematici che intervengano nel pagamento del corrispettivo di contratti di locazione breve, l’obbligo di operare quale sostituto d’imposta, ovvero responsabile d’imposta”, ed in particolare, di eseguire una ritenuta del 21% sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto dell’accredito e di occuparsi del relativo versamento alle casse dello Stato.

Il caso in esame si affianca alla nota vicenda francese che ha coinvolto anch’essa Airbnb Irland, a conclusione della quale la stessa Corte di Giustizia ha stabilito il principio secondo cui la piattaforma di Airbnb offre “servizi della società dell’informazione” e come tale, la sua attività non possa essere resa più gravosa da discipline interne agli Stati membri senza previa notifica alla Commissione. Sulla stessa scia, nel caso italiano, Airbnb ha sostenuto che gli obblighi informativi e fiscali previsti dalla normativa nazionale italiana violino il principio europeo della libera prestazione dei servizi. Superate alcune peripezie processuali, infine, tale contestazione era stata demandata dal Consiglio di Stato davanti alla Corte di Giustizia.

Con ordinanza dell’11 luglio 2019, infatti, il Consiglio di Stato aveva sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte europea le seguenti questioni:

“1) Se le disposizioni ed i principi del diritto [dell’Unione europea], fra cui gli articoli 4, 5 [e seguenti] della direttiva [2015/1535], l’art[icolo] 8 della direttiva [98/34] e l’art[icolo] 56 TFUE ostino ad una normativa nazionale che, senza previa notifica alla Commissione europea, imponga al gestore di un portale telematico di intermediazione immobiliare “regole tecniche per la prestazione di un servizio della società dell’informazione” consistenti in obblighi informativi (trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai contratti conclusi tramite il portale telematico) e fiscali (effettuazione della ritenuta sui pagamenti operati in relazione ai contratti conclusi tramite il portale telematico e successivo versamento all’Erario). 

2)  Se le disposizioni e i principi del diritto [dell’Unione europea]… ostino ad una normativa nazionale che:

–        introduce, con riferimento ai gestori di un portale telematico per la ricerca di immobili da locare, obblighi di raccolta e trasmissione di dati relativi ai contratti;

–        introduce, con riferimento ai medesimi gestori di portali telematici che intervengano nel pagamento del corrispettivo di contratti di locazione breve, l’obbligo di operare quale sostituto di imposta, ovvero di responsabile di imposta;

–        introduce, con riferimento ai gestori di portali telematici non residenti e riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale;

–        introduce, anche con riguardo a soggetti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, l’obbligo di operare quali responsabili d’imposta in relazione all’imposta di soggiorno;

3) Se i principi fondamentali del diritto [dell’Unione europea] ostino, in termini generali, ad una disciplina nazionale che, di fatto, riversi su un’impresa le inefficienze dello Stato nell’accertamento e riscossione delle imposte”.

Ricordiamo che il rigetto da parte della Corte di Giustizia di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (ordinanza del 16 gennaio 2020, Telecom Italia e a., C 368/19, non pubblicata, EU:C:2020:21, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

La Corte di Giustizia ha ritenuto che i quesiti, così come prospettati dal Giudice italiano, non contenessero “l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale

Secondo la Corte di Giustizia il Giudice del rinvio non ha illustrato con sufficiente precisione gli elementi di fatto rilevanti, non permettendo di comprendere l’intera normativa nazionale che può trovare applicazione nel procedimento principale, né il suo contenuto esatto. La Corte ha contestato inoltre che non fosse chiaro il collegamento che il Giudice del rinvio ha stabilito tra la normativa europea citata e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale. Ha infine ritenuto che la terza questione prospettata dal Giudice italiano non specificasse le disposizioni o i principi di diritto dell’Unione che osterebbero alla normativa nazionale in questione, essendosi limitata ad interrogare i giudici europei sulla conformità ai principi fondamentali del diritto dell’Unione in generale.

Occorre dunque aspettare ancora per conoscere il destino degli adempimenti imposti nel caso agli intermediari dalla nostra normativa fiscale. Si ricorda infatti, ed è stato ribadito dalla stessa Corte di Giustizia, che il giudice del rinvio potrà in qualunque momento presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale contenente le indicazioni che consentano alla Corte di fornire una risposta utile alla questione sollevata. Si resta dunque in attesa.

Riprenderemo la vicenda e gli altri approfondimenti sulla Hospitality a settembre, dopo la pausa estiva. Con questa occasione tutti i nostri professionisti augurano quindi a tutti buone vacanze!

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